Giorgetti: “Ripartenza oculata, non commettiamo l’errore di settembre
A tu per tu con un protagonista dello sport fiorentino e non solo. Sul nuovo numero di Calciopiù, in edicola e online su www.calciopiu.org, è uscita una lunga intervista a Fabio Giorgetti a cura di Lorenzo Topello.
Calcio in Rete, la Virtus Laurenziana, l'esperienza di chi rappresenta lo sport fiorentino perché, del resto, a calcio ci ha giocato ventotto anni. Fabio Giorgetti, c'è da scommetterci, di ruolo faceva il tuttocampista, un po' come nella vita: 'Il mio valore aggiunto è aver praticato questo sport per ventotto anni, dai primi calci da piccolo fino all'età adulta. E poi, diventato dirigente, ho cercato di costruire quei progetti che avrei voluto veder realizzati quando ero calciatore'. Sì, perché il buon Giorgetti è un calciofilo della prima ora, un uomo passato dai tacchetti alla cravatta che pure in questo complicato momento storico ci mette la faccia, alla ricerca delle giuste soluzioni per sorpassare la crisi economica, sociale, valoriale che attanaglia il nostro sport preferito e vorrebbe inquinarne il futuro.
Fabio Giorgetti è fondatore di Calcio in Rete, un progetto che unisce e coinvolge attivamente i presidenti di tutta la Toscana. Ce lo racconta?
Il progetto nasce un anno e mezzo fa in piena crisi pandemica, con un obiettivo preciso: fungere da strumento di stimolo e di aiuto per le società sportive del mondo dilettantistico. È chiaro che il virus ha messo a dura prova lo sport e i vertici sportivi e purtroppo, come si è visto, lo sport non è stato considerato una priorità dai vertici sanitari e governativi, e ogni Federazione ha reagito a modo suo di fronte a questa amarissima presa di coscienza. Noi allora abbiamo pensato di rimboccarci le maniche e lavorare a un progetto che fosse in grado di riportare serenità e collaborazione fra le realtà sportive; ecco come è nata Calcio in Rete, una chat che coinvolge direttamente più di centocinquanta società dilettantistiche toscane. Insieme ai vari presidenti discutiamo di futuro, i sostenibilità economica per il nostro calcio e di proposte da formulare a chi di dovere per migliorare questo pallone.
A distanza di più di un anno, come giudica per ora questo progetto?
Molto positivamente. Si è capito che si può stare anche insieme e già questo è un bel passo in avanti, se consideriamo che storicamente il limite delle società toscane era quello di non sapersi aggregare e limitarsi a pensare prioritariamente (se non esclusivamente) ai propri interessi. Dal momento che abbiamo raccolto tutte queste adesioni, direi che si tratta di un esperimento pienamente riuscito: poter avere una visione comune e un dialogo costante è sintomo di una ritrovata solidarietà fra società. Naturalmente a questo buon andamento deve corrispondere una certa sintonia con le istituzioni che purtroppo non rispondono sempre a tutte le domande. Su questo rapporto con le istituzioni si può certamente fare meglio.
Che obiettivo vi proponete per il futuro?
Quello di rimanere sul territorio e sviluppare le nostre capacità propositive a contatto con la Federazione. Quest'ultima ha detto di voler costituire le consulte in tutte le province, in modo da smistare le questioni nel dettaglio e potersi avvicinare maggiormente ai problemi quotidiani delle società sportive. Mi auguro che rappresentino tutte le sensibilità del territorio.
Sta giungendo alla fine la seconda stagione calcistica influenzata dal Covid. A che punto siamo con la convivenza col virus?
Sul piano economico siamo nel dramma vero. Basti vedere che, eccezion fatta per il breve periodo da settembre a metà ottobre, gli impianti sportivi sono stati sempre chiusi al pubblico da marzo 2020 fino a ora. Dal primo giugno finalmente sono stati riaperti con il contingentamento al venticinque per cento ed è già una breve ripartenza, sintomo quantomeno della volontà di riprendere con un po' di calcio in questa finestra estiva. Invito comunque la Federazione a stare attenta ai vari focolai, che potrebbero ancora manifestarsi seppur con frequenza ridotta. Il pericolo dell'aggregazione rimarrà in particolare verso settembre, quando l'autunno ci dirà per davvero se avremo chiuso o no i conti col virus. Penso che rimarranno norme precauzionali tali da diminuire il rischio di contagi.
E sul piano tecnico-organizzativo, a che punto siamo?
Vedremo se questa Under 18 saprà accogliere il favore delle società sportive. È stata questa la decisione recente presa dai vertici per allargare il numero dei ragazzi che praticano l'attività sportiva e cercare di salvare le annate maggiormente penalizzate dal virus.
Sensazioni?
Non saprei, sinceramente. È una categoria che verrà inserita relativamente ai classe 2004, ma è stata una scelta che non so quale consenso possa avere dalle società sportive. In un momento pandemico come questo è difficile fare previsioni perché le variabili sono molte e gli scenari estremamente mutevoli non aiutano.
Infatti di proposte ne erano uscite diverse.
Sì, erano molte. Qualcuno aveva formulato l'idea dei Giovanissimi C, altri avevano ipotizzato il blocco delle annate. Tante ipotesi erano state messe sul piatto, alla fine si è scelto di provare ad attuare quella dell'Under 18. Vedremo. Non sarà semplice creare una squadra in più: a qualcuno dei giocatori, dopo un anno e mezzo di stop forzato alle partite e allenamenti ridotti al lumicino, mancheranno gli stimoli, per non parlare delle difficoltà economiche delle famiglie che potrebbero avere riscontro su un calo delle iscrizioni.
Altra annata calda è quella dei 2002.
I 2002 sono stati sacrificati, c'è poco da dire. Le società potevano avere otto fuoriquota, e invece alla fine ne sono stati riconosciuti cinque. È chiaro che se io posso avere otto fuoriquota magari tengo dodici giocatori del 2002, dando spazio a un buon numero di ragazzi di quell'annata e poi lavoro per mandarne qualcuno in Eccellenza o Promozione. Con questi numeri così risicati, invece, difficilmente ci saranno colonie importanti di 2002 a cavallo fra Juniores e prima squadra, perché più facilmente verranno subito lanciati in Eccellenza a fare da quote. È un'età complicata, quella: hanno diciannove anni e un sacco di distrazioni che rischiano di minacciarne lo sviluppo intellettivo, fisico e sportivo. La pandemia ha danneggiato loro forse più di tutti, perché avrebbero avuto tremendamente bisogno di proseguire la loro trafila calcistica attraverso l'importantissima palestra degli Juniores, e invece si trovano in un limbo, con l'incertezza sulla condizione fisica e tattica. I 2002 sanno che difficilmente potranno avere ancora molte possibilità con gli Juniores, ma allo stesso tempo potrebbero essere troppo acerbi per una prima squadra. La prossima stagione vedrà società e allenatori impiegare la massima attenzione per non bruciare tutti questi giovani.
Ha parlato di mancanza di stimoli. Avete visto uno scenario simile anche alla Virtus Laurenziana, squadra di cui è dirigente?
Purtroppo sì. I miei Juniores, classe 2003, non vorrebbero iniziare ad allenarsi. Quando ho parlato con loro e con le famiglie, ho ricevuto risposte abbastanza simili: mancanza di stimoli dettati dall'assenza della partita domenicale, poche certezze riguardo alla possibilità di disputare un'intera stagione, lo spettro della pandemia che vive ancora concreto nella mente di tanti, anche piccoli. Ricevere queste risposte dovrebbe far riflettere ogni società: dovevamo essere in grado di motivarli prima, i nostri ragazzi, adesso potrebbe essere troppo tardi. Ognuno doveva impegnarsi a tenere sul pezzo mentalmente e fisicamente (per quanto possibile) le sue squadre di giovani, per fare in modo che non sorgesse poi il minimo dubbio al momento di riprendere l'attività per davvero.
In effetti, in un momento storico così complicato, risposte del genere non sono incomprensibili, anzi.
Assolutamente. È per questo che infatti sostengo che a questi ragazzi bisognava che qualcuno venisse incontro prima. Io li vedo, durante i pomeriggi in società: ora c'è la possibilità di disputare amichevoli (o allenamenti congiunti, come preferite), ma è difficile fare calcio senza usare gli spogliatoi, così come per i grandi è sempre un rebus trovarsi a sostenere settimanalmente il giro di tamponi ogni volta prima della partita. È un calcio zoppo, orfano, dove si prova ad andare avanti ma si fa ancora tanta fatica.
Quali sono poi gli altri progetti in cantiere alla Virtus Laurenziana?
Col presidente Ramponi non ci siamo mai fermati neanche nello svolgimento degli allenamenti individuali, nei limiti del consentito. Il presidente, d'accordo con le famiglie, ha scelto di far allenare il più possibile i ragazzi per renderli pronti in vista della nuova ripartenza a settembre. Ma non è facile: come detto è un calcio orfano, alla ricerca di una complicata riorganizzazione. Per arrivare pronti a settembre, abbiamo ridefinito il quadro dei collaboratori della società affidandoci al direttore sportivo Landi e per la scuola calcio ai dirigenti Rufilli e Scopetani. A breve presenteremo poi anche una ricca compagine di allenatori.
Con quali obiettivi viene tracciata questa rifondazione?
Puntiamo a recitare un ruolo importante nel Quartiere 5 e a vincere un campionato provinciale entro i prossimi due anni. Le priorità della società sportiva sono cambiate in meglio: l'asticella si è alzata. Non dimentichiamo anche il progetto di costruire il campo a undici in erba sintetica: sarebbe un'occasione preziosa per far crescere l'intero movimento societario.
Insomma, prima l'organizzazione e poi risultati.
Per forza. Senza organizzazione societaria non esiste che arrivino i buoni risultati sul campo. Quando ci rimetteremo in piedi per quanto riguarda le strutture i risultati arriveranno di conseguenza.
In termini di strutture può far gola anche il bonus del centodieci per cento organizzato dalla Regione Toscana.
Assolutamente. Cerchiamo di far tesoro del bonus che ha offerto la Regione, usandolo come stimolo, così come i soldi per il settore giovanile scolastico messi da parte dalla Federazione e dal Comitato. Mangini ci è sempre stato vicino, così come Alessandro Matteini, il delegato federale designato per Firenze: anche lui è preparato e serio, avrà una carriera federale di grande livello. Poi certe volte è inutile parlare di immobilismo da parte della Federazione, perché bisogna considerare che a volte i vertici calcistici hanno le mani legate, come avvenuto nell'ultimo anno e mezzo con la gestione pandemica. E inutile rifarsela con la Federazione se le decisioni le prende un comitato tecnico scientifico che influenza pure i provvedimenti del governo. Piuttosto avremo qualcosa da ridire con chi ha considerato così poco lo sport e il suo valore sociale e aggregativo nell'ultimo anno e mezzo. Credo che sia stato uno dei settori più penalizzati dal virus e troppo poco si è fatto per la sua ripartenza. Ma ci stiamo attrezzando per far sì che una cosa del genere non si ripeta. Posso dire infatti che a breve verrà presentata una mozione in Parlamento per far diventare lo sport un diritto riconosciuto dalla costituzione italiana: si tratta infatti di un progetto che parte da lontano e che stiamo perfezionando a Palazzo Vecchio. Stiamo ovviamente lavorando per agevolarne anche l'iter sia dal punto di vista pratico sia dal punto di vista mediatico due fonti sarà una grandissima novità per tutto l'ordinamento italiano perché forse per la prima volta lo sport riceverà l'attenzione che merita.
Che cosa significa rappresentare contemporaneamente il comune di Firenze e le società?
È molto semplice. Il mio valore aggiunto è aver giocato per così tanti anni fra scuola calcio e dilettanti e subito dopo essere passato dal campo alla scrivania. Ho imparato negli anni quali dovrebbero essere i valori da trasmettere al nostro sport per innalzarlo di nuovo a quella sua essenza che dovrebbe essere fondamentale a tutte le età. Certi comportamenti, come il saper perdere il gioco pulito, lo spirito del rispetto delle regole, dovrebbero diventare parte integrante delle istituzioni. Poter vedere il calcio da tante sfaccettature mi permette di rendermi conto di esigenze e limiti di chi detta le regole del nostro sport.
Come si fa a non oltrepassare mai il limite di parzialità quando si rappresentano le istituzioni ma anche gli interessi di una società?
Il limite è un altro. Il fatto che si trovano a fare norme persone che non conoscono lo sport e ci trovano nei posti sbagliati al momento sbagliato. Ci vuole l'umiltà e la voglia di conoscere e studiare argomenti nuovi, perché non si possono governare le realtà sportive senza conoscerle. Io è dall'età di 6 anni che ho a che fare col calcio, mica come certi personaggi improvvisati.
Un vaghissimo accenno al ministro Spadafora oppure siamo noi che abbiamo pensato male?
Il ministro Spadafora ha fatto due cose, entrambe imbarazzanti per un esponente del Governo. La prima è stata l'aver dichiarato che all'interno di una scuola calcio si facevano le flessioni, e lì tutta Italia ha capito la sua ignoranza in materia: un'uscita totalmente fuori luogo con la quale sperava forse di semplificare il problema giovanile, e invece ha soltanto acutizzato un problema che l'Italia vanta da tempo, ovvero quello di piazzare incompetenti a ricoprire incarichi istituzionali. Dopo un'uscita come quella avrebbe fatto meglio a dimettersi, ma non contento ha voluto anche commettere un secondo enorme errore; quello della riforma dello sport che si è ostinatamente impegnato a portare fino in fondo. Parte da un presupposto giusto, come quello di tutelare i lavoratori sportivi, ma abolisce il vincolo mettendo in pericolo la sopravvivenza delle società. Una follia totale.
Ecco, anche il tema del vincolo è sempre caldo.
Caldissimo. Per fortuna la legge proposta da Spadafora è bloccata fino al 2023: se proprio la attueranno, mi auguro che si faccia solo nella parte di aiuto concreto alle società, senza nemmeno prendere in considerazione quell'abominio dell'abolizione del vincolo sportivo.
A settembre l'attività sportiva ripartirà per davvero? Se sì, in che modo?
Innanzitutto spero che come tutti gli anni il buon Romei inauguri la stagione col torneo Nereo Rocco, quello che si tiene il primo di settembre e che tradizionalmente vede tutti gli addetti ai lavori coinvolti. È il primo impegno ufficiale per diverse società, un modo per misurarci tutti la febbre: purtroppo dal marzo 2020 mi tocca usare questa espressione nel suo significato concreto. Sarà un modo per testare nuovamente la convivenza degli eventi sportivi all'aperto con la pandemia, oltre alle ambizioni di campo di tutte le società coinvolte.
E riguardo ai gironi dall'Eccellenza in giù, come si muoverebbe?
Spero si riparta con calma dalla metà di ottobre per vedere più in là come si evolveranno gli eventi. Potrebbe esserci un colpo di coda del virus, oppure potremmo averlo davvero abbattuto del tutto attraverso l'ottima campagna di vaccinazione. Di sicuro non possiamo commettere l'errore dello scorso anno, quando abbiamo cominciato già ad agosto con tornei e partitelle pensando che fosse tornato tutto esattamente come prima, salvo poi ritrovarci con le chiusure autunnali, nuovi focolai, ancora decine di migliaia di morti e ulteriori lockdown. Non prendetemi per un chiusurista perché vi assicuro che non lo sono: voglio solo che si possa ripartire tutti in sicurezza, e con le dovute precauzioni. Ricordiamoci che ci porteremo sulle spalle, nel fisico e nel cuore per tanti anni le conseguenze fisiche e soprattutto psicologiche di questo incubo pandemico. Procediamo per gradi, allora.
Lorenzo Topello