Arezzo-Giana Erminio 3-1
AREZZO: Trombini, Risaliti, Bianchi, Convitto, Settembrini, Pattarello, Lazzarini, Zona, Pericolini, Foglia, Gucci. A disp.: Di Furia, Viti, Persichini, Arduini, Bramante, Cantisani, Castiglia, . All.:
GIANA ERMINIO: D Aniello, Mandelli, Perico, Calmi, Marotta, Ballabio, Colombara, Lamesta, Messaggi, Caferri, Minotti. A disp.: Pirola, Piazza, Pinto, Fumagalli, Perna, Fall, Brioschi, Ghilardi, Previtali. All.:
ARBITRO: Dario Acquafredda di Molfetta
RETI: 33' Gucci, 49' Bianchi, 70' Autorete, 74' Convitto
FIORENTINA: Vannucchi, Cuomo, Trapani (64' D'Amato), Conti, Sadotti, Kouvadio, Fortini, Deli (87' Vascotto), Braschi (87' Pellicano), Puzzoli (77' Caprini), Rubino (77' Ciraudo). A disp.: Leonardelli, Giusti, Martini, Bartolini. All.: Daniele Galloppa.
JUVENTUS: Zelezny, Ventre (74' Menino), Pagnucco (74' Meringolo), Scarpetta, Boufandar, Bassino, Crapisto (55' Piccinin), Grosso (74' Scienza), Biggi, Finocchiaro (74' Balzano), Biliboc (46' Nisci). A disp.: Piras, Pugno. All.: Pecorari.
ARBITRO: Sassano di Padova, coad. da Pacifici e Ingenito.
RETI: 1' Rubino, 30' Fortini, 42' Puzzoli, 57' Braschi.
Una Fiorentina sontuosa travolge per 4-0 la Juventus e ribalta il 3-1 dell'andata, conquistando una semifinale meritatissima. Una gara a dir poco perfetta quella disputata dai ragazzi di mister Galloppa, che con grinta, agonismo e tanta qualità riescono a mettere alle corde i bianconeri sin dal primo minuto. Termina in malo modo, invece, la stagione degli ospiti che pur forti del vantaggio acquisito nella gara di andata non riescono a gestirlo, pagando a caro prezzo una prestazione non sufficiente e una partenza al fulmicotone da parte della viola, che sblocca la gara dopo solo una manciata di secondi. Bastano infatti 10 secondi e Rubino infiamma l'incontro, sfruttando un lancio lungo alle spalle della difesa bianconera, che si lascia sorprendere. L'attaccante viola non perdona, è il più lesto di tutti ad avventarsi sul pallone, anticipa anche Zelezny in uscita e deposita nella porta sguarnita per la rete dell'1-0. La Juventus prova a rispondere immediatamente e all'11' si guadagna un'ottima punizione dal limite dell'area. Sul pallone si presenta Grosso, che pennella col destro sopra la barriera, ma la palla non scende abbastanza e termina di poco sopra la traversa. Alla mezz'ora, nel momento migliore per i bianconeri, arriva il gol che indirizza l'incontro e rimette tutto in discussione; Rubino in azione dalla sinistra osserva il piazzamento dei compagni e disegna una parabola interessante in area di rigore per Fortini, che prende l'ascensore, svetta sorprendendo Zelezny e la difesa avversaria e gira di testa all'angolino, 2-0 viola; la Juventus sembra sull'orlo del precipizio. Passano soltanto 5' e Deli riconquista un pallone preziosissimo a centrocampo, guarda la porta dai 30 metri e prova la botta col mancino, la sfera si stampa sul palo. Il gol del 3-0 gigliato però è solo rimandato di qualche minuto, perché al 42' Puzzoli decide di inventarsi il gol dell'anno: un lungo rilancio costringe all'uscita dalla propria area di competenza Zelezny, che allontana la minaccia ma consegna la palla sui piedi del numero 10 viola, che si ritrova la sfera sul sinistro e di prima intenzione da centrocampo non ci pensa su due volte, vede la porta sguarnita e fa partire un tiro perfetto che si insacca alle spalle del portiere bianconero. 3-0 Fiorentina, rimonta completata; standing ovation, tutti in piedi per applaudire l'eurogol del fenomeno con la maglia numero 10. Il primo tempo si chiude con questo risultato e la seconda che non riserva particolari sorprese; il copione della gara non cambia, sono sempre i viola a fare la partita, sfruttando anche la spinta dei numerosi tifosi presenti. Al 49' Puzzoli tira fuori dal cilindro un'altra magia, ma questa volta trova l'opposizione del legno; cross rasoterra dalla destra, sbuca il solito Puzzoli nell'area piccola, che si smarca benissimo e con la punta riesce a girare verso la porta, il palo grazia Zelezny. Continua l'assedio dei gigliati che impegnano, in meno di un minuto, tre volte l'estremo difensore avversario, che riesce con dei grandi interventi a neutralizzare i tentativi di Kouvadio, Rubino e infine di Conti, ma al 57' è costretto ad alzare bandiera bianca sulla conclusione vincente di Braschi che, partito dalla trequarti palla al piede, punta nell'uno contro uno l'ultimo difensore bianconero, si sposta la palla sul mancino e incrocia senza lasciare scampo a Zelezny, 4-0 e gara virtualmente chiusa. Negli ultimi minuti si scaldano un po' gli animi, ma il direttore di gara riesce a gestire benissimo la situazione e dopo 4' di recupero sancisce la fine dell'incontro. La Fiorentina festeggia e vola in semifinale, dove incontrerà l'Inter. Finale di stagione amaro per i bianconeri, che sprecano così quanto di buono fatto all'andata.
Calciatoripiù: Puzzoli (Fiorentina): sublime palla al piede e intelligente calcisticamente, segna un gol pazzesco da centrocampo e sfiora la doppietta, gara eccellente la sua. Ottima la prova di
Fortini , che segna nel momento più importante, il gol che ristabilisce l'equilibrio, fondamentale. Bella prestazione anche per
Braschi e
Rubino , che si iscrivono alla festa e offrono numerosi spunti. Solido a centrocampo,
Deli : che gara anche la sua. L'unica nota positiva in una giornata cupa per i bianconeri è
Crapisto (Juventus), che mette in risalto un'ottima tecnica palla al piede, prova spesso l'uno contro uno, anche con grandi risultati, dimostra di essere un giocatore interessante.
Pineto-Arezzo 3-1
RETI: Della Quercia, Forgione, Allegretti, Pattarello
LECCE: Borbei, Pascalau, Hasic, Salomaa (59' Kljun), Vulturar, Burnete, Berisha (106' Hegland), Dorgu, Munoz, McJannet (88' Samek), Corfitzen (104' Daka). A disp.: Moccia, Leone, Russo, Abdellaoui, Bruhn, Bruns, Gueddar, Nikko, Minerva, Borgo, Davis. All.: Federico Coppitelli.
FIORENTINA: Martinelli, Lucchesi, Capasso, Amatucci, Di Stefano (122' Favasuli), Berti (115' Sene), Krastev, Nardi (63' Toci), Kayode, Comuzzo (122' Caprini) , Harder (122' Padilla). A disp.: Tognetti, Dolfi, Elia, Scuderi, Vitolo, Presta, Chiesa, Vigiani, Ievoli, Gentile. All.: Alberto Aquilani.
ARBITRO: Saia di Palermo, coad. da Pragliola e Valente. Quarto ufficiale Delrio.
RETE: 121' Hasic.
Non solo non arriva lo squarcio di sereno nel cielo buio, ma come riflessa in un gioco infinito di due specchi messi uno di fronte all'altro, la maledizione continua. Non sarà originale collegare quel che è accaduto a Roma e Praga con quanto successo a Sassuolo, ma a volte anche il cronista fatica a deragliare dai binari dell'evidenza quando questa si impone con tanta forza. Quando ormai tutti - tranne Daka, Hegland e soprattutto Hasic - sono concentrati nel trovare al proprio interno lucidità e concentrazione in vista degli imminenti tiri di rigore, la beffa si materializza crudele e il tricolore si calamita sulla maglia del Lecce all'ultimo minuto dei supplementari. A quel punto si è in campo da un paio di ore e mezzo, il cronometro segna il 122' senza tener conto dei recuperi dei tempi, regolamentari e supplementari, giocati fin lì, e lo 0-0 di partenza sembra poter esser scalfito solo dall'appendice del duello dal dischetto. Il Lecce ha a disposizione un ultimo corner, e il modo in cui Daka si avvia alla battuta dice qualcosa ai più attenti, e preoccupa non a caso i tifosi viola. Il centrocampista dei salentini reclama palla affrettando i tempi, crossa con convinzione lungo, sul secondo palo, scavalcando un'area mal presidiata dai difensori rivali, Hegland è libero di salire in cielo ed effettuare una sponda aerea che premia un altro stacco indisturbato, quello di Hasic, che mette dentro da meno di un metro dalla linea di porta. La gioia del Lecce è quella di chi azzecca l'apertura del tappo dello spumante a mezzanotte in punto, lasciando alla Fiorentina una delusione amplificata dalla dinamica con cui si materializza e da cui occorrerà un po' di tempo per riprendersi, trovando anzitutto la via di fuga dal maledetto gioco di specchi in cui si riflettono rimpianti di prima squadra e giovani. Probabilmente è giusto che lo scudetto Primavera 2022-2023 se lo cucia sul petto il Lecce di Coppitelli, arrivato primo al termine della regular season e uscito vincitore dalla semifinale e dall'atto conclusivo della volata tricolore, ma di sicuro non è giusto che la Fiorentina incassi una sconfitta di questo tipo. I salentini meritano un riconoscimento simile per il lavoro impostato dal presidente Sticchi Damiani e svolto dal diesse Corvino, un progetto con al centro i giovani: la salvezza è arrivata con una squadra che aveva l'età media più bassa della Serie A, questo scudetto Primavera certifica che c'è ancora stoffa verde in arrivo per continuare a vestirsi alla moda. La Fiorentina, una grande Fiorentina, che chiude un'annata lunghissima, iniziata dieci mesi fa e passata attraverso 38 gare di campionato, tre finali, tutto il percorso in Coppa Italia, si era invece meritata la possibilità di trascinare fino ai tiri di rigore la corazzata avversaria, e il solo rischio che questo epilogo amarissimo possa inficiare il bilancio stagionale grida vendetta. Non è così, il saldo resta positivo (al netto dei rimorsi). Alla luce delle tante gare disputate, si può affermare senza tema di smentita che, esorcizzata la Roma, l'unico avversario che ha davvero dimostrato di avere qualcosa in più dei ragazzi di Aquilani è proprio il Lecce plasmato a sua immagine e somiglianza da Coppitelli, squadra che non fa impazzire chi ama il calcio giovanile italiano, composta com'è praticamente per intero da calciatori che non rinvigoriranno le speranze future del ct Mancini, ma comunque degna di essere annoverata fra le migliori ammirate in questa categoria negli ultimi anni. L'impresa nell'impresa dei giallorossi è stata quella di trasformare la salvezza della passata stagione, centrata all'ultimo tuffo, in una cavalcata trionfale, che ha proposto numeri record nel periodo invernale-primaverile. Vulturar, Burnete, sono solo i due nomi più spesi di un collettivo che può essere valorizzato al meglio negli anni a venire.
Fin qui spettacolari e ricche di gol, le finali scudetto si chiudono con la finale del Mapei Stadium che viene vissuta con tanta legittima attesa da una parte e dall'altra; il Lecce ha quasi l'intero organico al passo d'addio e vuole il titolo per fissare nella storia quanto fatto, centrando lo scudetto vent'anni dopo quello preso all'Inter battendola dagli undici metri. La Primavera di Aquilani ha il pronostico avverso, e quindi sulla carta qualche pressione in meno, ma avverte su di sé le aspettative di buona parte del tifo viola, reduce da un periodo tutt'altro che sereno. Per struttura, solidità di meccanismi, maturità e doti tecniche - pur con caratteristiche differenti - Lecce e Fiorentina sono due squadre di adulti a tutti gli effetti, ma il peso specifico della posta in palio ne frena lo slancio nell'arco dei 90' e per buona parte dei supplementari. Entrambe snaturano un po' il loro gioco, caratterizzato dall'essere sempre propositivo, e giocano corte e chiuse per tutta la gara, consapevoli del valore del rispettivo avversario che hanno di fronte e dunque curando al massimo la fase di non possesso piuttosto che quella attiva d'attacco. Si contano sulle dita di una mano le occasioni, soprattutto a livello potenziale, offerte dai due tempi regolamentari e in particolar modo dal primo, che si apre con una Fiorentina in palla che però trova di fronte un Lecce altrettanto compatto e leggermente più brillante in fase di manovra. Sono dei salentini i primi due pericoli in avvio, il colpo di testa di Hasic (una prova generale del gol che arriverà due ore dopo) e la conclusione di Berisha tengono sul chi va là Martinelli; la difesa viola fa buona guardia sui temibili avanti avversari, mentre si accendono diversi interessanti in ogni zona del campo, soprattutto quello a distanza fra Dorgu e Kayode, probabilmente i due migliori in campo. La squadra di Aquilani ha un buon possesso palla ma fatica a sfondare, arrivando al tiro per la prima volta solo dopo il 30', con Distefano, senza esito. Nella ripresa l'inerzia del match cambia leggermente, in campo si apre qualche spazio in più; i viola provano a sbilanciarsi un po' di più, ma lo fanno con giudizio perchè, in contropiede, Corfitzen, Burnete, gli inserimenti di Vulturar tengono sempre in allarme Lucchesi e compagni. All'83' la Fiorentina beneficia di una buona chance, non sfruttata però da Krastev, che arriva con un attimo di ritardo sull'invito aereo proprio di Lucchesi, ottima la guardia di Borbei. Si procede con l'effettuazione di due tempi supplementari e durante l'extra-time, complice la stanchezza, le squadre allentano un po' le loro gabbie tattiche e arriva qualche occasione in più. Al 92' Capasso concede una punizione dal lato corto dell'area agli avversari, Vulturar batte tagliato sul secondo palo, Burnete - in acrobazia - non ci arriva per un soffio. Ancora Lecce al 95': sugli sviluppi di un traversone dalla destra che spiove in area fiorentina Burnete stacca in cielo e si avvita in maniera sublime, spedendo di poco altro sopra la traversa. Nel secondo supplementare la gara resta aperta, maggiormente rispetto ai primi 90', e si innervosisce un po'; si segnalano un paio di buone chance per Toci, ma Borbei non si lascia sorprendere. Al 11' è invece il Lecce a spaventare Martinelli, il colpo di testa di Dorgu dopo un corner dalla destra viene smorzato in maniera provvidenziale da Kayode, che facilita li recupero del pallone al proprio portiere. Le squadre negli ultimi 5' si allungano ulteriormente e Burnete ha modo di condurre in solitario un contropiede di quasi quaranta metri, finalizzato con una conclusione ben parata da Martinelli. Mentre i due tecnici danno fondo ad alcune sostituzioni in chiara chiave tiri di rigore, al 118' Burnete protegge in maniera splendida un pallone in area viola e lo scarica poi in favore di Hegland, il cui tiro di prima intenzione termina sull'esterno della rete. Arriviamo così al 121', le tre cifre della beffa. Tutti, come detto, aspettano i rigori. Tutti tranne Daka, entrato da una decina di minuti, che accelera le operazioni di battuta dell'ultimo corner della gara. Tutti tranne Hegland, che ringrazia della libertà concessa nel cuore dell'area viola, ed effettua una sponda per il terzo uomo che crede ancora nella vittoria prima dei tiri dal dischetto, Hasic. L'inzuccata da meno di un metro del difensore salentino è quella che regala il tricolore ai ragazzi di Federico Coppitelli, e mortifica i ragazzi di Aquilani. Pazienza se sono sette anni di sciagure: i tifosi viola si augurano di rompere gli specchi sui quali si sta riflettendo la maledizione delle finali. Quattro in tutto quelle raggiunte quest'anno, altrettante quelle perse.
Lorenzo Martinelli
Si fa quasi fatica a crederci, ma è successo di nuovo. La Fiorentina ha perso un'altra finale, stavolta a livello Primavera, quella che poteva consegnarle uno Scudetto che manca dal 1983. Come contro la Roma in Coppa Italia, e seguendo la tradizione negativa della prima squadra, i ragazzi di Aquilani cadono all'ultimo minuto dei tempi supplementari, quando ormai entrambe le formazioni sembravano aver accettato di decidere il loro destino ai rigori. E invece un calcio d'angolo di Daka, una sponda di Hegland e un colpo di testa di Hasic mandano in paradiso il Lecce. Squadra allestita, ironia della sorte, da quel Pantaleo Corvino che a Firenze conosciamo bene e che ha saputo scovare in giro per il mondo giocatori molto interessanti. La fisicità dei giallorossi contro la tecnica dei viola, doveva essere questo il canovaccio della sfida. Solo che poi, sul campo, per la Fiorentina è stato praticamente impossibile esaltare la qualità dei propri interpreti contro un Lecce sempre ben organizzato e capace di vincere la maggior parte dei duelli e dei palloni contesi. Pochissimi spunti sono arrivati da parte di Kayode e Distefano, giocatori che invece nei turni precedenti avevano fatto la differenza, ma soprattutto si è sentita la mancanza di un riferimento offensivo. Di fronte alle ultime prestazioni impalpabili di Sene, Aquilani ha preferito dapprima adattare Nardi e poi concedere mezz'ora più i supplementari a un Toci rientrante da infortunio e visibilmente fuori condizione. Al netto delle difficoltà della Fiorentina, comunque, la partita è stata equilibrata e il Lecce non ha mai veramente dominato né messo grossi brividi a Martinelli. C'è chi dice che il portierino viola sarebbe potuto uscire in occasione del gol, noi preferiamo ricordare che il ragazzo è un classe 2006 (il più giovane in campo venerdì) e che i potenziali margini di miglioramento superano ampiamente alcune incertezze che ad oggi tende ancora a palesare. Tornando all'epilogo del match, possiamo affermare senza timore di essere smentiti che i rigori sarebbero stati il giusto compromesso per decidere una finale tutt'altro che esaltante. Non è stato così, e allora sono bastati - si fa per dire - centoventidue minuti per vedere scorrere sul viso dei protagonisti lacrime dal significato diametralmente opposto. Di gioia quelle dei giocatori del Lecce, di disperazione quelle dei ragazzi viola che hanno visto sfumare sul più bello un sogno che sembrava destinato a diventare realtà.
La lezione di Aquilani: Questa partita è stata un insegnamento. Il percorso dei ragazzi è appena iniziato Inutile girarci intorno: il Lecce ha alzato il trofeo, la Fiorentina invece si è dovuta accontentare della medaglia d'argento. E per dei ragazzi nati tra il 2003 e il 2006, indubbiamente, perdere in questo modo fa malissimo. Chi però ha qualche anno in più a livello anagrafico e di esperienza, ovvero il loro allenatore Alberto Aquilani, dopo il fischio finale ha voluto ricordare a tutti il vero significato di certe partite. Per noi è stato un altro insegnamento , ha detto il tecnico viola in conferenza stampa. Stiamo parlando di Primavera, quindi il percorso di questi giocatori è soltanto all'inizio. Lungo la loro strada incontreranno mille buche e stasera ne hanno presa una, può capitare . Ben vengano i trofei, ma in fondo il vero obiettivo dei settori giovanili è preparare i ragazzi al calcio dei grandi e Aquilani ha saputo farlo benissimo. Tre anni sulla panchina viola che hanno cambiato profondamente anche il tecnico romano: Avevo smesso di giocare da poco e a Firenze ho trovato un ambiente che mi ha fatto crescere sotto diversi punti di vista. Durante queste stagioni ho vissuto delle emozioni che forse non avevo provato neanche da calciatore, sarò sempre grato alla società e a tutti i ragazzi che ho incontrato lungo il percorso. So di aver trasmesso loro qualcosa e questo è l'aspetto più importante . Al netto dei titoli, tre Coppe Italia consecutive e due Supercoppe, Aquilani ha lasciato in dote alla Fiorentina tanti calciatori di prospettiva da valorizzare, nell'ottica di quel progetto legato ai giovani su cui la società punta molto e che diverrà ancora più concreto con l'inaugurazione del Viola Park. Un qualcosa che, senza voler passare per la volpe che non arriva all'uva, forse vale di più di uno scudetto sfumato al 122esimo.
Giulio Dispensieri Resta una grande cavalcata
La Fiorentina esce sconfitta dalla finale scudetto con rimpianto ma senza alcun demerito, condannata da un singolo episodio avvenuto allo scadere dei tempi supplementari, sugli sviluppi di un corner maledetto. Peccato, chiaro: resta però il fatto di essere arrivati in finale battendosi alla pari contro squadre sulla carta maggiormente strutturate e ritenute più forti. La Fiorentina ha un'anima dentro di sé che si chiama gruppo, un ambiente fantastico composto di ragazzi umili, semplici, con grandi sogni nel cuore e disposti a tutto pur di raggiungerli. Un gruppo che trasmette tutta la sua forza e la sua coesione in campo, traducendole in gioco senza guardare al singolo ma inserendolo in un bel gioco di squadra. Valori e caratteristiche che si sono viste per tutta la stagione ed hanno caratterizzato una stagione fantastica e un ciclo da incorniciare con la guida di mister Alberto Aquilani. Una grande orchestra diretta magistralmente da un allenatore capace, attento, completo, che ha saputo condurre un gruppo di ragazzi attraverso un percorso intricato portandolo a giocarsi alla pari contro qualsiasi avversario. L'esperienza di una carriera calcistica nata dal basso e arrivata all'olimpo dei grandi fatta di grandi sacrifici e privazioni, gli ha consentito di condurre per mano i suoi ragazzi nel percorso di vita necessario per diventare calciatori. Passando attraverso gioie, dolori, vittorie e sconfitte, l'impegno e la voglia di vincere per diventare grandi, come insegna un fratello maggiore, premuroso e severo al tempo stesso; i giovani viola hanno avuto una guida preziosa che in futuro lascerà in ognuno di loro una traccia indelebile. Poco male dunque se il titolo è sfumato proprio all'ultimo, ma se una goccia di acqua evapora dal mare, quel che resta è il mare. Nelle finali purtroppo si sa, le leggi più spietate del calcio vengono fuori e una squadra deve vincere sull'altra. Adesso resta la consapevolezza di quanto fatto e di quanto di più si possa fare partendo da queste basi solide, come un importante punto di partenza per le prossime stagioni. Il gruppo dovrà gioco forza rinnovarsi, ma sicuramente saprà accogliere degnamente chi arriverà, e indicargli la strada tracciata per arrivare alle stelle.
Nicola Biagi