Under 18, un salvagente che può diventare isola felice (parte 2)
Fortemente voluta dal Crt e da numerose società, la nuova categoria Under 18 viene incontro alle necessità dei 2004. La sua sfida futura sarà quella di smarcarsi dalla sua natura emergenziale. Ecco la seconda parte dell'inchiesta uscita sull'ultimo numero di Calciopiù con i pareri (positivi e negativi) di alcune società.
I perché di chi ha detto no
Sappiamo che più di mille parole e opinioni in merito una e una soltanto sarà la discriminante che inciderà sull'aspettativa di vita degli Under 18: l'interesse e la partecipazione delle società. Il futuro della categoria appare quello di una dimensione provinciale e una vocazione sociale (che per inciso sia sempre benedetta). Difficile pensare infatti che le società più ambiziose e attrezzate, che a esempio hanno in organico i regionali dove le quote hanno un range più ridotto, o quelle che sono abituate a collocare i loro ex Allievi su palcoscenici proiettati verso una prima squadra di livello, possano essere attratte. Ed è legittimo il rilievo di chi propone come siano i grandi a doversi svecchiare, per dirla male; a doversi avvicinare di più al settore giovanile, ad avere più coraggio nel lanciare i giovani fra i grandi, per articolare un po' di più il concetto. Nel momento in cui si sono aperte le iscrizioni ci sono stati dei no di un certo tipo e dei no grazie di un altro, questi ultimi arrivati spesso al termine di una valutazione. È il caso dell'Impruneta Tavarnuzze, il cui diniego dinanzi alla possibilità di allestire una nuova formazione Under 18 aderisce a una logica propria, ma che può accomunare anche altre realtà. Da quando è iniziata la felice collaborazione con il CS Lebowski la società di Tavarnuzze costituisce un indotto con i grigioneri, rifornendone la formazione Juniores. Essendo poi espressione di un vivaio di buona qualità media, gli Allievi in uscita dall'Impruneta Tavarnuzze non hanno problemi nel trovare risposte alle loro eventuali ambizioni altrove, e questo è il caso di tante altre società toscane che lavorano bene con i loro giovani, ricevendo annualmente richieste da società di blasone. Come afferma il direttore sportivo Fausto Gonnelli, nel no alla proposta da parte dell'Impruneta Tavarnuzze rientrano anche altre valutazioni dall'esito negativo, come quella legata agli spazi. «A parte l'aspetto legato alla collaborazione con il Lebowski, credo che molte società come noi si siano ritrovate a fare i conti della serva, legati al fatto che una squadra in più in organico ha un costo e richiede spazi ulteriori che, in un periodo come questo, rappresentano due voci davvero problematiche per una società sportiva, per differenti motivi dalla genesi comune che è la pandemia. Certo, ci abbiamo pensato su, ma l'Under 18 non fa al caso nostro, mentre può essere molto utile per realtà che hanno una collocazione geografica o una dimensione diversa dalla nostra; qualche anno fa gli Juniores B non sfondarono, stavolta i numeri sono migliori ma il vero banco di prova sarà l'interesse futuro. Penso che dal punto di vista meramente sportivo, togliendo la componente sociale che è comunque prioritaria per il nostro movimento, un campionato come questo difficilmente risulterà attrattivo fra qualche anno. A meno che non venga trovato un modo per renderlo più stimolante rispetto alle prospettive attuali. Non c'è bisogno credo, ma le mie non vogliono essere critiche a una proposta utile e ben fatta, che viene incontro alle attuali esigenze di tanti 2004: il lavoro del presidente Paolo Mangini e del suo staff in questi mesi e nelle ultime settimane in particolare, qui in Toscana e a Roma sul tema dei protocolli e non solo, è stato tanto e apprezzato. Se però viene chiesto a me, indipendentemente dal discorso Lebowski non avrei allestito un Under 18; piuttosto avrei puntato sull'inserimento di più quote nelle prime squadre. Ma so che il parere di tanti miei colleghi sull'argomento è radicalmente opposto, e probabilmente sono le loro logiche a essere giuste. Io poi mi sento un uomo di settore giovanile, il mio compito è accompagnare i ragazzi fino all'ingresso nei grandi; dal mio punto di vista non serviva un mezzo scalino in più, ma dare un segnale di avvicinamento e fiducia nei giovani da parte dei Dilettanti».
Quando gli Under 18 diventano (subito) dei portabandiera
Fra le oltre settanta società che hanno inserito il loro biglietto dentro il cappello dei nuovi Under 18, l'Avane è fra quelle che affida a questa categoria addirittura il ruolo di capofila del proprio settore giovanile. Senza una formazione Juniores, il vivaio del club empolese ha iscritto con entusiasmo i suoi 2004 al campionato, come conferma il direttore sportivo Carlo Zani: «Non ci abbiamo pensato su troppo, abbiamo aderito convinti al progetto perché lo stop dell'attività sportiva ha colpito i 2004 più duramente di altre annate, togliendo loro la possibilità di disputare un campionato Allievi che è un passaggio formativo importante e anche uno dei più affascinanti sotto il profilo sportivo dell'intero settore giovanile». Il rischio di abbandono era più elevato quest'anno, a differenza di altri, prosegue il diesse dei gialloneri: «Nel suo complesso l'Avane può ritenersi fortunato sotto questo punto di vista: nonostante i tanti mesi che ci stiamo provando a lasciare alle spalle siano stati complicatissimi per il mantenimento del feeling fra i giovani e lo sport, so che un po' ovunque i casi di abbandono dell'attività sportiva non mancano, e il passaggio dagli Allievi agli Juniores è uno snodo che rappresenta un capolinea per tanti giovani; purtroppo aggiungo, perché spesso il motivo sta nel semplice fatto che gli Juniores comprendono una fascia troppo ampia di annate». Che campionato si aspetta il direttore sportivo Zani? «È una novità, quindi presenta tante incognite, che aumentano dopo il lungo stop da cui proveniamo: dal punto di vista tecnico credo che il campionato avrà molte sorprese e valori non uniformi. È per questo che credo occorra studiare bene la formula, pensando a esempio a due fasi, in cui la seconda tenga conto dei valori del campo emersi al termine della prima tranche di partite». Infine, uno sguardo al futuro: «Non so proprio dire se gli Under 18 esisteranno anche in futuro; io mi auguro che diventi una categoria organica al settore giovanile, altrimenti spero che sia presente almeno per qualche anno, per consentire anche alle annata inferiori di beneficiare di questa opportunità in più per recuperare il tempo perduto».
Sancat: gli Under 18 dal di dentro
E, sempre in tema di dati di fatto che contano e conteranno sempre più dell'equivalente in peso delle parole e delle opinioni, è forse giusto chiudere il nostro focus sugli Under 18 con chi questa categoria la vive già dal suo interno da qualche giorno. Come Franco Brazzini, uno degli allenatori simbolo del settore giovanile della Sancat. «Se la mia società ha da sempre un obiettivo più importante rispetto agli altri è quello di mettere nelle condizioni di giocare a calcio e incentivare la pratica sportiva dei nostri ragazzi, quelli più piccoli ma soprattutto i più grandi, in procinto di diventare giovani uomini. Abbiamo la fortuna di avere in organico un 2004 molto numeroso, che lo scorso anno avevamo iscritto suddiviso in due squadre. Un gruppo unito come pochi, che si è incrementato negli anni ed è tuttora in continua espansione, includendo a esempio i ragazzi che avevano concluso l'attività all'Olimpia Firenze; ultimi in ordine di tempo i ritorni di Filippo Ferrini e Giulio Giuffrida dall'Affrico, quello di Andrea Di Marco reduce dalla parentesi alla Rufina e Manuel Giacomo dalla Floria 2000. Io e il mio vice Lorenzo Pratesi siamo orgogliosi di poter proseguire la nostra esperienza con questo gruppo, che ha sempre garantito una possibilità a tutti coloro che hanno voluto farne parte, con una splendida logica inclusiva». Per Franco Brazzini le problematiche della categoria Juniores esistono da ben prima della pandemia: «Ho allenato in questa categoria e non mi è piaciuto granché. Troppo ampia la fetta di età che racchiude, se un ragazzo ha doti sopra la media o ha già completato la sua maturazione allora trova spazio negli Juniores, diversamente viene meno il divertimento e il piacere di stare insieme a compagni che hanno esigenze e stili di vita molto diversi. Questa non è soltanto una mia opinione ma è una valutazione supportata dai dati sull'abbandono dei calciatori attorno ai diciotto anni. L'Under 18 allunga la vita sportiva di questi ragazzi, sono sicuro che sarà un bel campionato e spero che possa interessare a un numero sempre maggiore di squadre in futuro». Occorrerà trovare il giusto format, e per Brazzini la strada da seguire è questa: «Spero non sia articolato in due fasi: preferisco l'idea di un campionato vero, in cui le iscritte non sono spezzettate in tanti gironcini e l'attività non viene suddivisa in due fasi. Mi piace poi l'idea della conquista degli Juniores regionali come posta in palio oltre al titolo sportivo». E, visto che sarà un campionato vero indipendentemente dalla formula con cui verrà giocato, giusto parlare finalmente anche di ambizioni e di campo. Ancora Brazzini: «Se tutto fila liscio sono convinto che la mia squadra potrà togliersi qualche soddisfazione. È impossibile stabilire il nostro valore in relazione alle avversarie, il contesto è tutto nuovo. Ma la voglia e le possibilità per far bene le abbiamo».
Li abbiamo scelti non a caso, Brazzini e la Sancat. Perché il tecnico come abbiamo visto non vede l'ora di misurarsi nel nuovo campionato, mentre la sua società è da sempre un'oasi felice per tanti ragazzi che sono ben contenti di lasciare le pressioni ai pari età nei regionali. Per loro, ormai diciottenni, il calcio resta un divertimento come ai tempi degli Esordienti. Al campo ci andavano in bici, oggi ci arrivano sullo scooter o testando le loro capacità alla guida eseguendo i primi parcheggi, con la borsa nella bauliera. Le differenze, fra oggi e allora, finiscono qui.
Lorenzo Martinelli