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    Dall'archivio di Calciopiù - C'era una volta Giorgio Chiellini nelle giovanili

Il piacere di giocare a pallone


L'allenatore Piero Pirone racconta il giovane difensore negli anni del Livorno 9: «Il carisma l'ha sempre avuto: spronava i compagni, era quasi un allenatore in mezzo al campo»


Qualità tecniche, forza fisica, determinazione, costanza, spesso anche fortuna. Ma non solo. Nel mondo del calcio per arrivare ad alti livelli, a quegli alti livelli, serve anche altro. Come il piacere di giocare a pallone. Semplicemente quel piacere di giocare spesso sottovalutato o comunque di solito messo in secondo piano rispetto agli altri fattori. Così è stato per Giorgio Chiellini, difensore della Juventus e della Nazionale. Non c'è bisogno di troppe presentazioni, la sua carriera parla praticamente da sola raccontando nove scudetti, quattro Coppe Italia, cinque Supercoppe, il bronzo olimpico ad Atene 2004, il secondo posto agli Europei del 2012, oltre a diversi premi individuali. La storia di Giorgio Chiellini è costeggiata da molti successi e diversi punti fermi e si snoda sull'asse Livorno-Firenze (e Nazionale) -Torino.


Inizia a giocare a calcio nel Livorno 9 e poi nel Livorno, dove completa il percorso nel settore giovanile e poi debutta in prima squadra giocando in Serie C e in Serie B. Poi passa alla Juventus e viene ceduto in prestito per un anno alla Fiorentina, con la quale debutta in Serie A nel settembre 2004. L'anno dopo inizia l'avventura in bianconero, questa è la sua sedicesima stagione a Torino. In parallelo si sviluppa la sua carriera in azzurro, dalle giovanili alla Nazionale maggiore, con la quale ha superato le cento presenze.


Numeri strabilianti, una carriera invidiabile: chissà se da piccolo ha mai sognato di arrivare così in alto. Il rapporto tra Chiellini e il mondo del pallone inizia, come detto, nella sua Livorno e nel Livorno 9.


E per cinque anni il piccolo Giorgio - insieme al fratello gemello Claudio, oggi suo procuratore - ha avuto come allenatore Piero Pirone. «L'ho allenato da quando aveva otto anni fino ai tredici, nella fase più sensibile possibile» racconta il tecnico. «Erano gli anni dal 1992 al 1997, con una breve pausa nel 1994: come succede spesso, dopo un po' di anni alla guida di una stessa squadra è consuetudine che ci sia un cambio di allenatore. Però a metà anno fui richiamato, ripresi il gruppo del 1984, finii la stagione con loro e poi continuai il percorso fino al '97. Nell'anno dei Giovanissimi poi alcuni ragazzi di quella squadra hanno spiccato il volo»: tra questi proprio Giorgio e il fratello Claudio, «su di loro arrivarono gli occhi del Livorno. A quell'età era molto difficile dire se Giorgio avesse le qualità per arrivare in alto. La sua principale caratteristica era il piacere di giocare a pallone e di stare con i compagni. Nel complesso avevo un buon gruppo, genitori compresi: insieme abbiamo vissuto un'esperienza piacevole. Ho gestito la squadra al meglio possibile, per me i ragazzi devono giocare tutti e avere tutti la stessa esperienza. È importante vivere serenamente la vittoria e la sconfitta, senza drammatizzare; i ragazzi hanno sempre avuto il piacere di giocare». E il piacere di giocare ha sempre contraddistinto anche il giovane Chiellini: «Giorgio ha sempre avuto una spiccata disponibilità, anche nei confronti dei compagni. Atleticamente il fratello Claudio si muoveva in maniera più naturale, Giorgio ha sempre giocato di forza, di potenza e di fisico. A Claudio ho sempre detto che avrebbe fatto l'avvocato, era quello che parlava di più e diceva sempre la sua. Giorgio invece era un bambino più tranquillo e sereno: sono convinto che ciò che l'ha fatto andare avanti è stato proprio quello. Era il classico ragazzo che stava seduto tranquillo in panchina e che quando veniva chiamato era sempre pronto. Ha fatto carriera, è andato avanti, è stato bravo a sfruttare le opportunità». Aveva il carattere giusto, tecnicamente era «un carro armato, giocava molto di fisico».


Mancino puro - «anche oggi col destro ha più difficoltà» - negli anni ha giocato come terzino sinistro e poi come centrale, ma nel Livorno 9 non ricopriva il ruolo di difensore: «Claudio giocava terzino sinistro fluidificante, Giorgio invece era il mediano di spinta schierato davanti alla difesa. Fisicamente riusciva a imporsi e spesso arrivava fino alla porta: aveva un buon calcio col mancino e segnava anche diversi gol». Ma più che le sue caratteristiche fisiche e tecniche - «A quell'età non aveva qualcosa di particolare che potesse far pensare alla carriera che poi ha avuto» - erano il carisma e il piacere di giocare a pallone che hanno fatto la differenza: «Ripeto, probabilmente è arrivato a questi livelli perché ha il piacere di giocare. Il carisma l'ha sempre avuto: spronava i compagni, era quasi un allenatore in mezzo al campo». Nel gruppo '84 del Livorno 9 c'erano diversi buoni calciatori. Come Simone Lonzi, «una mezz'ala con un gran calcio, esile ma tecnicamente molto forte» che passò poi nel settore giovanile dell'Empoli, e come Giorgio e Claudio Chiellini, che nell'anno dei Giovanissimi andarono entrambi al Livorno. «Ma non hanno avuto la stessa fortuna»: Claudio poco dopo tornò al Livorno 9, col quale giocò il campionato Allievi regionali, e passò poi al Pisa. Adesso, oltre a essere il procuratore del gemello, fa parte dello staff della Juventus.


La carriera di Giorgio, invece, è nota: «Nella storia del Livorno credo che un giocatore come Giorgio non ci sia mai stato. Gli istruttori professionisti che lo hanno seguito gli hanno permesso di crescere tecnicamente, ma l'aspetto fondamentale è che Giorgio non si è mai montato la testa, è sempre rimasto coi piedi per terra e ha avuto la mentalità giusta. Il calcio l'ha sempre preso come un gioco, come del resto dovrebbe essere per tutti i ragazzi. Ovviamente gli piaceva giocare e vincere, ma non era stressato dall'arrivare. Così come, a differenza di come accade tante volte oggi, non lo stressavano i genitori. Anche loro sono stati bravi: Giorgio ha una famiglia importante alle spalle». E proprio con la famiglia Chiellini Pirone ha mantenuto un buon rapporto negli anni: «Giorgio ha la casa a Livorno proprio vicino a dove abito io. In particolare sono rimasto molto legato al padre. Ricordo il giorno in cui Giorgio ha firmato il contratto con la Juventus: lui era a Torino con la madre, io ero a casa a Livorno col padre. Arrivò la telefonata della firma del contratto con la Juve: se quel giorno Giorgio non avesse chiuso con i bianconeri sarebbe andato all'Arsenal». E invece. Da allora la storia di Chiellini è tutta costeggiata di bianconero e azzurro nazionale.


Benedetta Ghelli Calciopiù