FOCUS: Dentro il progetto Bibbiena
Superato il dualismo interno che aveva portato a due cuori e un campanile, da inizio Duemila la società casentinese ha elaborato un percorso unico nel suo genere con il quale è arrivata nell'olimpo del calcio giovanile regionale
Come definire la capacità di una società sportiva, espressione di un paese di poco più di diecimila abitanti e periferico rispetto ai centri di potere pallonari, di raggiungere tutte le categorie élite regionali se non un piccolo, grande miracolo sportivo? Non che fosse una metafora particolarmente originale, ma ricordo bene che proprio su queste colonne definimmo a più riprese il Bibbiena così, un miracolo. Ora che qualche anno ha sedimentato nel tempo quel risultato, ci rendiamo conto di come fosse una metafora limitante: quello che è avvenuto a Bibbiena dal 2000 a oggi è piuttosto un vero e proprio esperimento sociale, un progetto imperniato su un cambio di paradigma che nella Toscana, terra dei campanili e delle Categorie con l'iniziale maiuscola per riferirsi alle prime squadre, poche volte è passato dallo status di slogan alla sua realizzazione concreta.
I traguardi raggiunti dal club casentinese negli anni Dieci del Duemila non contemplano né l'elemento della casualità né l'intercessione divina, per grazia ricevuta. Sono il proverbiale frutto del lavoro, ma soprattutto la sua lungimirante teorizzazione a livello quasi filosofico. Al centro i giovani (del posto) da queste parti non è un proclama, ma un manifesto di pensiero. Quindi non va cercato né un ingrediente segreto di una ricetta né un miracolo, fra virgolette e non: è tutto dichiarato su carta e portato poi avanti con l'azione quotidiana, sul campo, per anni. Si può entrare e uscire dalle metafore, ma non da quella che vuole il calcio un po' come la terra, la quale va coltivata e curata con pazienza nell'attesa che i semi germoglino e poi diventino alberi da frutto. E poi in fondo vincere un campionato sì, è un'emozione enorme. Ma vincere con i propri giovani, cresciuti fin da piccoli con indosso la maglia rossoblù, è una vera e propria goduria.
Due cuori e un campanile
Ora, i più attenti lettori di Calciopiù e gli addetti ai lavori sanno bene di cosa stiamo parlando quando parliamo di 'progetto-Bibbiena'. È quello che ha consentito al piccolo centro casentinese di stabilire un primato, eguagliato da pochissimi: quello di arrivare a schierare negli ultimi cinque-sei anni tutte e quattro le proprie formazioni giovanili ai nastri di partenza dei campionati élite regionali (Giovanissimi, Allievi fascia A e B, Juniores). Ma come ha fatto un paese lontano dai grandi centri e di dimensioni modeste a raggiungere l'orbita delle migliori, le varie Tau, Cattolica Virtus, Sestese e (nobile) compagnia? Oltre alla programmazione e al lavoro sul campo, oltre alla passione che qui come altrove è codificata a livello genetico, quali sono stati fattori ed eventi che hanno permesso questo exploit? Abbiamo detto che assomiglia quasi a un esperimento, inaugurato ad inizio Duemila; ma la storia del calcio a Bibbiena inizia prima e, pur rapidamente, appare doveroso ripercorrerla. Anche perché è impresa facile se si interpella le persone giuste; difficile trovare qualcuno più addentro alle dinamiche storiche di questo splendido angolo di Casentino di Franco Ferrri e del presidente Mario Rosadini, che il calcio a Bibbiena lo vivono e lo interpretano praticamente da sempre, ne sono il passato e la memoria storica, ma anche il presente e il futuro.
Perché, come vedremo, i principi strutturali che regolano dal proprio interno i rossoblù godono di continuità nel tempo e sono sempre attuali, restando tali nonostante sia cambiato il mondo. Che è cambiato sicuramente da quando il calcio fece la sua comparsa a Bibbiena nel lontano 1927, anno in cui nacque ufficialmente quella che nei decenni successivi sarà l'U.P. Bibbiena o Bibbienese. Fissare la data del 'C'era una volta' in quel periodo significa che le prime miglia di storia percorse dal Bibbiena passano attraverso la prova più terribile, quella cui è sottoposto il mondo intero, in guerra fra di sé. Ma dal Secondo conflitto mondiale Bibbiena esce a testa alta anche se ferita, come ricorda il memoriale ai caduti di Partina e Bibbiena, e quando l'Italia imbocca l'autostrada della rinascita, in quel periodo che si chiama Dopoguerra proprio per lasciarsi alle spalle la barbarie, il paese del Casentino si allinea agli altri in corsia di sorpasso e riprende a correre.
Altrettanto fa il calcio bibbienese che, fra alti e bassi, accompagna per decenni la vita della comunità locale, infiammando le domeniche con l'ingrediente del derby, che non guasta e non manca mai dentro i confini dello Stivale, e quello della passione legata all'amore per lo sport più amato dagli italiani, che anche e proprio attorno ai rettangoli verdi cementano il proprio spirito identitario. In quegli anni, in quei decenni - i Cinquanta, Sessanta e via dicendo - a calcio si gioca un po' dappertutto ma, ricordiamolo, quasi mai in forma organizzata: le scuole calcio sono un'invenzione molto successiva e due pedate al pallone si tirano nelle piazze e negli oratori, nei prati e nei cortili. Poi, se si è bravi, succede che la squadra del posto - iscritta ai primi campionati Figc - ti chiami e così fa il Bibbiena, che sceglie i talenti migliori per la sua prima squadra. Già perché a Bibbiena per tanti anni è quest'ultima al centro di tutto, esistono sì la formazione Juniores e Allievi ma l'attenzione (e le risorse) sono appannaggio dei grandi. Dopotutto i risultati arrivano e infiammano il paese, tanto che negli anni Ottanta l'UP Bibbienese sale dalla Promozione all'Interregionale (l'odierna Serie D, l'Eccellenza verrà istituita poco dopo). Ma nel frattempo, prima di questo traguardo raggiunto negli anni '80, qualcosa era successo e stava succedendo da queste parti. Una decina di anni prima, nel pieno dei Settanta, il campanile di Bibbiena si era diviso a metà con la nascita del Casentino Calcio.
Per un anno la nuova società si chiama A.C. Stazione Pratomagno, poi cambia subito nome e acquista quello che la contraddistinguerà per gli anni a venire. Ma con la nascita del Casentino Calcio, un'idea e un progetto di un gruppo di persone di Bibbiena fra cui spiccano su tutti i nomi proprio di Ferri e Rosadini, a cambiare è soprattutto il pensiero: il calcio è uno straordinario strumento sociale per i giovani e, proprio i giovani ragazzi del posto, devono essere sì gli atleti della prima squadra di domani ma anzitutto i protagonisti del presente. Gli anni Ottanta prima e i Novanta poi sono quelli in cui il cielo sopra la Bibbiena calcistica si divide in due parti: la Bibbienese da una parte e il Casentino Calcio dall'altra.
Quest'ultima, il cui presidente è l'attuale numero uno del Bibbiena Mario Rosadini, non ci mette molto a imparare la tecnica di volo con cui raggiunge in fretta l'altitudine della società 'sorella': il Casentino arriva fino alla Prima categoria ma, soprattutto, centra risultati importanti con le proprie formazioni giovanili, che raggiungono stabilmente l'orbita dei campionati regionali. Sono anni industriosi e in cui la comunità partecipa con entusiasmo all'attività sportiva, ma sono anche anni complessi a causa del dualismo che genera attriti e frizioni fra le due realtà. Il destino soffia sul fuoco con derby intensissimi, che arrivano a richiamare quasi duemila persone attorno al rettangolo di gioco. A ricomporre l'unità del cielo sopra Bibbiena arriva il nuovo Millennio: nel 1999 ecco la svolta, si inizia a parlare di una società unica, sia per convogliare in un unico contenitore risorse e capitale umano del posto, sia per venire incontro alla parabola discendente della Bibbienese, che vive una congiuntura storica difficile alla fine dei Novanta.
C'è una data precisa che storicizza questo fondamentale passaggio ed è il 25 maggio 1999 quando, nel corso di un'assemblea costitutiva partecipatissima, vede la luce l'A.C. Bibbiena 2000, che dopo un paio di stagioni e qualche controversia legale muta la sua denominazione in quella attuale, AC Bibbiena appunto. Attorno a quest'ultima si forma un gruppo dirigenziale giovane ma già esperto, perché in buona parte è quello che raccoglie l'eredità sportiva del Casentino Calcio, e inizia a strutturarsi un progetto articolato e innovativo: oltre allo stadio intitolato alla memoria del sindaco Aldo Zavagli la nuova società può contare sull'impianto 'Fratelli Brocchi' di Bibbiena Stazione, dove negli anni precedenti aveva praticato la sua attività il Casentino Calcio e un terzo polo, quello dell'U.P. Corsalone che mantiene la propria specificità ma sposa in pieno il nuovo progetto, alimentando la scuola calcio unificata dei rossoblù.
Inizia un periodo d'oro in cui tutto quello che tocca la dirigenza si trasforma nel metallo più nobile: abbiamo definito un esperimento sociale quello che avviene qui vent'anni fa perché è un progetto in cui il risultato finale, che arriva qualche anno più tardi, supera addirittura la brillantezza dell'assunto iniziale. Il Bibbiena si carica infatti di una forza attrattiva sempre maggiore, i suoi impianti abbinati alla qualità degli istruttori e alla forza della compagine societaria presieduta sempre da Rosadini richiamano tutti i migliori talenti del comprensorio. Stringendo un legame fortissimo con le scuole del paese il club rossoblù arriva, in alcune classi di età, a coinvolgere quasi il cento per cento dei ragazzi di Bibbiena nella sua attività calcistica. Eccolo qui il segreto dei rossoblù: i risultati che hanno culminato cinque anni fa con l'ingresso di tutte le squadre giovanili nei quattro campionati élite regionali sono il risultato di un'equazione scritta a inizio Duemila e portata avanti con pazienza negli anni successivi.
Tramite il potenziamento della scuola calcio in ogni suo aspetto, incluso quello logistico con il quale superare la barriera della conformazione geografica circostante e allargare di diverse decine di chilometri il proprio ideale bacino di utenza. Ma al centro di tutto sta come detto un indirizzo di pensiero che è un cambio di paradigma, che esemplifichiamo con le parole di Franco Ferri - 'la piccola rivoluzione di Bibbiena è stata quella di trasferire dalle parole ai fatti la volontà di puntare forte sul proprio vivaio. Contrariamente a quella che è una regola non scritta ma che vediamo applicata un po' ovunque qui sono i più piccoli, non i più grandi, a beneficiare del campo in erba e delle strutture migliori. Abbiamo avvertito sempre un vincolo ideale, quasi un obbligo morale nei confronti della comunità nel far sì che fossero i bambini e i ragazzi al centro del progetto tecnico'. Senza peraltro, aggiungiamo, creare una discriminazione al contrario, nei confronti della prima squadra.
La dimostrazione arriva nella stagione 2010-2011, quando il Bibbiena sale in Eccellenza, categoria che poi non riesce a mantenere a lungo ma che testimonia come nel calcio per costruire i grattacieli occorra sempre e comunque partire da fondamenta solide. Quelle da cui spicca il volo, tanto per fare un nome, Emanuele Giaccherini; le stesse dalle quali, in tempi recentissimi, hanno iniziato una scalata Simone Biagi o Lorenzo Malentacca che si laurearono campioni d'Italia con la Rappresentativa Juniores nel giugno 2016. Oppure il portierone Francesco Ombra e Christian Farini, due nomi di quella mitica squadra dei classe 2002 che ha scritto forse le pagine più belle della storia recente rossoblù, regalando alla società le categorie di Merito regionali con le sue vittorie in tutti i campionati disputati.
Il progetto-Bibbiena porta enormi benefici alla vita sportiva del paese, anche in maniera indiretta e collaterale; anche in questo caso la dimostrazione sta in un dato, quello di un paese di - come detto - poco più di diecimila abitanti che oltre a una società così strutturata e numerosa vanta la presenza dentro i propri confini comunali di ben tre o quattro formazioni amatoriali iscritte ai campionati Uisp, composte quasi interamente da ragazzi ormai cresciuti in cui la passione per il calcio è stata iscritta nel codice genetico fin da bambini dai dirigenti e dagli allenatori rossoblù. E poi il Bibbiena, salutato con favore e accompagnato nel suo sviluppo dallo sguardo benevolo dell'amministrazione comunale, con la sua nascita a inizio Duemila ha saputo sanare divisioni interne e la logica delle fazioni, riuscendo anche in questo intento oltre a quelli prefissati a livello sportivo. Il cambio di paradigma porta risultati di prim'ordine: ancor oggi in casa Bibbiena si guarda con orgoglio e grande soddisfazione alla possibilità, conquistata sul campo negli anni, di incrociare i tacchetti con le big del panorama fiorentino e toscano in generale.
Dalla nascita fino al periodo d'oro che i rossoblù provano a far durare ancor oggi, superando le difficoltà come quelle dovute all'interruzione della principale sponsorizzazione, la Mabo, l'azienda di prefabbricati del Casentino, o quelle attuali dovute alle ricadute della pandemia: con un progetto come il suo il Bibbiena difficilmente non rimarrà attuale un lontano domani, anche se con l'aumentare della concorrenza circostante e il progressivo venir meno della forza del volontariato - fenomeno in corso ovunque, senza eccezioni - è sempre più complesso assicurare continuità a una rotta di volo che ha portato così in alto. In tema di continuità però questa è assicurata da chi come Ferri e Rosadini ne incarnano l'identità da decenni.
Abbracciando quasi un secolo, la storia del Bibbiena è ovviamente l'ologramma delle storie di tanti uomini al cui sviluppo hanno contribuito nel corso del tempo. Senza voler far torto alla memoria e ai meriti di tanti, occorre però menzionare alcuni di coloro che, assieme allo storico dirigente e al presidente di una vita, difficilmente non possono essere definiti i veri e propri artefici del miracolo,. In ordine sparso, non si può allora non parlare del progetto-Bibbiena senza sottolineare il contributo di Roberto Chiarini il cui arrivo, una decina di anni fa, permise il definitivo salto di qualità ai rossoblù, soprattutto sotto il profilo manageriale. La sua pesante eredità l'ha raccolta Luciano Ristori, da due anni responsabile del settore giovanile casentinese, di ritorno a Bibbiena - che ben conosce - dopo una breve parentesi. È sempre rimasto al suo posto invece Giorgio Ceccarelli, una vera e propria istituzione del Bibbiena Calcio fin da giocatore, carriera proseguita in seguito ad alti livelli, gli stessi su cui ha portato poi il settore giovanile del suo paese nelle vesti di responsabile tecnico.
Infine, alla fine di una lista parziale, impossibile non citare l'impegno profuso da Emanuele Ceccherini, vera e propria anima della società durante la sua ascesa nell'olimpo del calcio giovanile regionale. Senza mai proporre slogan o effimeri slanci di presunzione, la parabola del Bibbiena è un inno al lavoro sul campo e un invito a pazientare per goderne i frutti. In un presente e in un prossimo futuro stravolto dalle ricadute della pandemia, in cui inizialmente mancheranno le coordinate di riferimento, sarà complicato mantenere l'altitudine di volo raggiunta. Ma la tempesta passerà e la prua rossoblù è costruita con i giusti materiali resilienti. Le difficoltà dell'ultimo periodo finiranno alle spalle, e ancora una volta non sarà per grazia ricevuta.
Mario Rosadini, l'uomo della stabilità
Tolta una brevissima parentesi, Mario Rosadini è al timone del Bibbiena da quarant'anni, prima nel Casentino Calcio e poi nella società rossoblù rinata a cavallo del Duemila. È quasi impossibile sintetizzare in poche parole il lavoro, le energie e le risorse che ha profuso in tutti questi anni al servizio della causa, interpretando però sempre il suo ruolo apicale in modo lineare, con un impegno conciliatore e un'attitudine sempre proiettata al domani.
Presidente, cos'è stato e cos'è tuttora per lei il Bibbiena?
'È semplicemente la mia vita, o meglio una gran parte di quest'ultima dedicata a una passione che richiede molti sacrifici in termini di impegno, tempo e risorse. Oltre che di chilometri e chilometri percorsi, perché il presidente non lo si può fare da casa. Per gli innumerevoli fine settimana trascorsi la mattina al seguito dei ragazzi e il pomeriggio con i più grandi devo dire un enorme grazie a mia moglie, che mi ha sopportato finora e forse mi sopporta più a fatica adesso, in cui siamo giocoforza lontani dai campi da mesi. Se ripenso a quanto è costato, anche da un punto di vista economico, portare avanti una filosofia come la nostra improntata sulla valorizzazione dei giovani, il calcio perde un po' di romanticismo.
Ma riacquista subito forza al pensiero che è un passione inestinguibile, e proprio il costante contatto con i giovani nel corso degli anni ha aiutato anche me a sentirmi sempre giovane. Con i ragazzi è sempre stato e sempre sarà così: o sei come loro, o provi a entrare in sintonia con il loro modo di pensare, oppure ne sei tagliato fuori. E io ho cercato sempre di adeguarmi a tutto ciò'.
Nessun miracolo o ingrediente segreto: la ricetta vincente del Bibbiena è stata semplicemente quella di mettere i giovani calciatori al centro del proprio villaggio?
'I risultati che abbiamo raggiunto non sono il frutto del caso o della buona sorte, ce li siamo sudati lavorando sul campo con allenatori e istruttori e investendo tanto in logistica e organizzazione con la parte dirigenziale. La crisi economica degli ultimi anni, che sarà accentuata dalla pandemia, impone di restare sul sentiero delle origini, continuare ancor più di prima a puntare sui giovani cresciuti all'interno del nostro vivaio.
Mantenere in un prossimo futuro le categorie élite regionali che abbiamo conquistato sarà molto dura, anche perché in Casentino non c'è solo il Bibbiena, e la concorrenza con le realtà del comprensorio fiorentino o le grandi società della Toscana in senso più ampio è un confronto quasi impari viste le nostre dimensioni. Ma siamo arrivati qui con il lavoro e una sua precisa organizzazione, e tramite quelli proveremo a restare'.
Calcolando il vostro rapporto di forza con le altre società della regione, che sapore ha avuto per voi arrivare a confrontarvi con le migliori realtà del panorama regionale?
'Probabilmente il massimo della gratificazione, ancor più della singola vittoria che può essere episodica. Dispiace che la pandemia abbia negato la possibilità proprio a un nostro gruppo, quello dei 2002, di confrontarsi finalmente in un campionato élite dopo le tante vittorie nei regionali ottenute negli anni passati. Purtroppo l'anno e mezzo di stop ha impedito di vedere all'opera la nostra formazione Juniores che, sono sicuro, si sarebbe tolta delle belle soddisfazioni e costituirà l'ossatura della nostra prima squadra di domani'.
È vero che non ci sono né segreti né miracoli, ma come siete riusciti a raggiungere tanta qualità come quella espressa dal gruppo dei 2002 contando su un bacino di utenza che sì, si è molto allargato negli ultimi anni, ma resta comunque limitato rispetto a quello di cui dispongono tante corazzate della nostra regione?
'Non vorrei far apparire tutto troppo semplice perché è il risultato di un lavoro che investe una programmazione di tanti e tanti anni, ma se ci siamo riusciti è semplicemente perché fin dal 2000 quando siamo ripartiti abbiamo puntato tutto sulla qualità e la competenza dei nostri istruttori e allenatori della scuola calcio e del settore giovanile.
Lavorare bene e abbinare dei risultati ha innescato un circolo virtuoso che ci ha portato lontano. Se si parla dei 2002 e di qualità degli allenatori ad esempio, non si può non nominare la figura di Roberto Gnassi, che ha vinto tantissimo qui da noi ma soprattutto ha formato intere squadre e giocatori che, dopo l'esperienza con lui, sono molto più vicini al mondo del calcio, già pronti per il salto di qualità. Come poi è avvenuto per molti di loro'.
Tolta come detto una recente parentesi, lei è presidente del Bibbiena da quattro decenni; come mai è tornato a ricoprire il suo incarico qualche anno fa e quali sono le sfide che attendono la sua società all'orizzonte?
'Il mio non è un impegno personale ma al servizio di una causa, quella di una società come il Bibbiena che crede da sempre nella formazione dei propri giovani calciatori. Sono tornato perché, seppur ristretto rispetto a qualche tempo fa, il gruppo dirigenziale è intenzionato a portare avanti quest'idea, l'unico vero programma che ha sempre definito il nostro modo di fare calcio. Quando ripartiremo, l'obiettivo sportivo che abbiamo è quello di provare a confermare le impegnative categorie che ci siamo conquistati a livello giovanile, mentre la prima squadra ha sia la voglia sia la capacità di risalire la china, e lo farà sicuramente in un modo: integrando nella propria rosa i nostri validissimi calciatori che negli ultimi anni hanno portato in alto e in giro per i campi di tutta la Toscana il nostro nome'.
Lorenzo Martinelli Calciopiù
foto1 : 9marzo 2006 Amichevole Bibbiena - Fiorentina
foto2: Bibbiena 2006-2007
foto3: finale dei play off di Rignano sull'Arno del 30/5/2010 con il passaggio in Eccellenza