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    L'archivio di Calciopiù - C'era una volta Leonardo Pavoletti nelle giovanili dilettanti

Il padrone dell'area di rigore
Colpo di testa, abilità nel destreggiarsi, elevazione, gol: Ernesto Giuliani, Mario Simonti e Stefano Brondi raccontano l'attaccante livornese cresciuto nell'Armando Picchi
Il colpo di testa è il suo marchio di fabbrica - e chi lo conosce bene non ha dubbi nel considerarlo tra i migliori con questa caratteristica («a livello europeo è tra i migliori colpitori di testa» dice Giuliani)- fisico, elevazione, abilità nel destreggiarsi nell'area di rigore, finalizzazione ovviamente. Leonardo Pavoletti, da ormai quattro stagioni punto di riferimento dell'attacco del Cagliari, è nato e cresciuto calcisticamente a Livorno. Prima nel Cantiere Navale Fratelli Orlando (l'attuale Orlando) e poi, soprattutto, nell'Armando Picchi. Qui ha militato dalla stagione 2002/2003 al campionato 2007/2008: sono gli anni della crescita nei campionati giovanili regionali e quelli della maturazione in prima squadra, in Serie D.«Per prenderlo successe il finimondo» racconta l'allora e attuale ds dell'Armando Picchi Ernesto Giuliani.
«Leonardo era al Cantiere Orlando, all'epoca c'era molta competizione. Riuscimmo ad averlo con noi, iniziò l'avventura all'Armando Picchi l'anno dei Giovanissimi regionali». Il giovane Pavoletti si inserì in un gruppo già di buon livello e che arrivava dal trionfo nel campionato Giovanissimi B: gli amaranto classe '88, guidati prima da Mario Simonti e poi da David Fiorentini nel biennio Allievi, vinsero tutti i campionati: «L'Armando Picchi è una società di livello, tuttora partecipiamo ai campionati élite. Negli ultimi anni ci siamo riaffacciati nel calcio giovanile che conta». Giuliani, che ha esordito all'Armando Picchi nel 1992 come allenatore, è diventato poi direttore sportivo e, dopo altre esperienze, è tornato in amaranto - «ilPicchi, è casa mia». E tra i tanti giovani passati nel settore giovanile ha visto sbocciare Pavoletti: «Fisicamente è sempre stato un ragazzo dotato, per essere una punta era già un giocatore importante all'epoca; abbiamo ammattito un'estate intera per portarlo da noi. Inizialmente non segnava tanti gol, poi è esploso anche a livello realizzativo.
È un ragazzo molto educato, vedendolo anche ora dalla televisione si vede che è un buono: è la classica persona che se gli dai uno schiaffo ti porge l'altra guancia. Leonardo viene da una famiglia perbene ed è da lodare sotto i punti di vista, calcistici e umani». Le doti di Pavoletti spiccavano già all'epoca, poco più che bambino: «Aveva qualità innate, ma a14 anni ce ne sono tanti di ragazzi bravi; poi c'è chi per fortuna o per talento riesce a sfondare. Il calcio è imprevedibile: magari a quell'età si pensa che qualcuno arrivi al professionismo e poi non ce la fa. Leonardo ha avuto la costanza e la fortuna di essere allenato poi da un tecnico come Stefano Brondi, che ha creduto in lui e gli ha permesso di fare le prime esperienze in prima squadra. Era un bimbo umile e modesto, un ragazzo tranquillo. La serenità che ha sempre avuto gli ha fatto bene: chi vuole arrivare per forza poi non ce la fa». Pavoletti, ma non solo.
All'Armando Picchi ne sono passati diversi di talenti: «C'è stato un periodo in cui la società ha sfornato tanti ragazzi promettenti, all'epoca era quasi normale. Parlo dei fratelli Lucarelli, di Moro, poi esploso a Empoli, e anche mio figlio è arrivato al professionismo esordendo in Serie A con il Piacenza. Ci stiamo riprovando piano piano, ma oggi è più difficile che un ragazzo riesca a compiere questo tipo di percorso. Le grandi società guardano spesso all'estero, ma dovrebbero rendersi conto che i talenti li abbiamo anche in Italia e dobbiamo farli giocare».
Le stesse prodezze di allora
L'esordio di Pavoletti all'Armando Picchi ci riporta come detto alla stagione 2002/2003, l'anno dei Giovanissimi regionali. La formazione amaranto guidata da Mario Simonti, reduce dal trionfo nel campionato Giovanissimi B, fu rinforzata con due soli innesti. Uno di questi era Pavoletti.«Mi ricordo di Leonardo già dagli anni precedenti» racconta Simonti, attuale tecnico dei 2005 del Ponsacco. «Giocava nell'Orlando: quando ero libero lo andavo a vedere, mi è sempre piaciuto. Anche adesso i gol che segna in Serie A mi ricordano le prodezze di quei tempi».
Pavoletti si inserì subito bene nel gruppo - «un buon gruppo» - e anche in quella stagione il Picchi non tradì le aspettative: «Vincemmo il girone D regionale e accedemmo alle finali per il titolo con le altre tre vincitrici. Fu una splendida stagione e i ragazzi erano molto uniti: sono rimasti sempre in contatto, anche adesso che sono sposati e con figli. Spesso - finché si poteva farlo - si sono riuniti per una cena tutti insieme». Alle finali per il titolo gli amaranto vinsero entrambe le gare con la Tuscar, ma furono costretti ad alzare bandiera bianca nell'ultimo doppio confronto col Margine Coperta: «Quel Margine era fortissimo, in quella squadra c'era anche Michele Marconi, attuale attaccante del Pisa in Serie B. Era un '89, ma giocava già con i più grandi». Quell'anno l'Armando Picchi era schierato in campo con un trequartista e due punte, Pavoletti era una delle due: «Era bravo a smarcarsi e riusciva a destreggiarsi bene in area. Aveva i tempi giusti ed era molto acrobatico, via via spolverava una rovesciata. Ed era bravo di testa: anche adesso segna tanti gol così, è uno dei migliori». Le qualità tecniche erano indubbie, ma«la sua prima caratteristica era la generosità. Approccio giusto e volontà non mancavano mai: sotto quell'aspetto era una garanzia».
A livello fisico invece era ancora un po' indietro: «Quell'anno durò un po' di fatica a livello fisico, era ancora un ragazzino. Gli anni dei Giovanissimi sono particolari, è normale che ci siano stagioni in cui un ragazzo ha più difficoltà, ma le sue qualità erano indubbie, era tenuto d'occhio. Ho avuto la fortuna di allenare per tre stagioni Massimiliano Allegri, sempre all'Armando Picchi: anche lui era bravo, ma piccolino. Ricordo che faceva molti provini ma spesso veniva scartato per via del fisico. A quell'età non vuol dire nulla, poi la carriera ha parlato per tutti e due».
Si capiva all'epoca che sarebbe riuscito a sfondare e ad arrivare in Serie A e in Nazionale? «Si vedeva che aveva qualità, ma non si sa mai dove può arrivare un calciatore. Piano piano Leonardo si è costruito la sua carriera e si è forgiato dal punto di vista caratteriale. Le esperienze calcistiche che ha avuto sono significative: ci sono stati anche dei periodi in cui non ha giocato, come gli inizi a Sassuolo, ma non ha mai storto la bocca, si è sempre messo a disposizione e ha risposto con i fatti».
Coraggio e forza fisica
«Prevedere che uno possa arrivare in Serie A è difficile, ma che il calcio per lui potesse diventare una professione l'ho capito subito»: Stefano Brondi, ex calciatore professionista e poi allenatore, oggi della formazione Under 15 del Livorno, di dubbi su Pavoletti ne ha sempre avuti pochi.Anzi fu proprio lui, nonostante ancora la giovane età di Leonardo, ad aggregarlo in prima squadra e a farlo esordire in Serie D:«Era la stagione 2005/2006, lovidi giocare negli Juniores e lo volli in prima squadra. Aveva 17 anni, esordì subito il primo anno».
La stagione successiva il tecnico livornese non ripartì con la squadra:«Tornai alla guida dell'Armando Picchi soltanto a dicembre. Nel frattempo Leonardo era ritornato negli Juniores, lo riportai subito in prima squadra. Il terzo anno poi è esploso definitivamente. Ho puntato molto su di lui, nonostante le remore di alcuni nel far giocare un ragazzo così giovane. Ma io sono convinto che non ci siano calciatori giovani o vecchi, bensì bravi o scarsi». Quelli di Pavoletti in prima squadra furono anni in crescendo:«La sensazione che ho avuto quando l'ho visto era di un diamante da ripulire un po' ma che già splendeva. Leonardo era forte fisicamente e difficile da marcare.
All'inizio in allenamento gli vedevo fare cose che non riusciva a fare in partita: era un ragazzo giovane, ma quando ha preso il passo della categoria ha tirato fuori tutta la sua forza. In area si sentiva sempre a suo agio, era forte di testa, bravo sia col destro sia col sinistro.Difettava un po' nell'appoggio al gioco, per questo abbiamo lavorato tanto sul gioco di sponda, e caratterialmente tendeva ad adagiarsi dopo una buona prestazione. Ricordo che avevo un cronometro rotto e tutti i giovedì quando facevamo la partitella lo prendevo e lo scaraventavo in terra: tanto era già rotto, ma la squadra non lo sapeva. Era un modo per tenerli sempre sul pezzo». La squadra amaranto girava bene: dopo due primi campionati da metà classifica, nella stagione 2007/2008 l'Armando Picchi chiuse al quarto posto (trionfò il Figline di un certo Leonardo Semplici e in quella squadra c'era anche Anselmo Robbiati) e vinse poi i play-off. Pavoletti segnò dodici gol, tredici se si considera anche la rete segnata al Forcoli nei play-off.
«Avevamo una squadra forte»prosegue Brondi«insieme a Leonardo in avanti giocava Cristiani: ricordo che alla fine di quella stagionetutti e due fecero il salto nei professionisti; se ne andò ancheAthos Ferretti, al Rimini. Il primo anno giocavamo con il 4-3-3 e Pavoletti era la punta centrale, nelle stagioni successive il modulo era invece il 4-2-3-1 con Cristiani più basso. Il percorso successivo di Leonardo lo conosciamo: ha fatto tanta gavetta e poi è arrivato in Serie A e in Nazionale. Il merito del successo è tutto suo: non esiste un allenatore che crea i calciatori, è qualcosa che il calciatore ha dentro. Un tecnico può soltanto aiutare il calciatore a sviluppare le sue qualità.La famiglia era intelligente, lo ha aiutato tanto nel suo percorso».
Brondi torna con la mente a quel periodo, come la prima volta che vide giocare Pavoletti:«Lo andai a vedere quando era con gli Juniores, era la partita Pontedera-Armando Picchi. Leonardo giocava centravanti, su un cross si buttò di testa per colpire il pallone e segnare. Il portiere provo l'uscita ma era in ritardo, era chiaro che lo avrebbe colpito in pieno: la maggior parte degli attaccanti non avrebbero provato la conclusione, lui invece ci andò di testa e fece gol. Poi il portiere lo travolse, ricordo che Leonardo svenne. Un calciatore che in una circostanza simile mette la testa a prescindere da quello che accadrà dopo: ecco, questo episodio mi accese la lampadina. Poi allenandolo ho apprezzato tante altre cose, ma ciò che mi ha colpito inizialmente è stato il coraggio».
Coraggio e forza fisica:«Ricordo poiun gol realizzato a Gavorrano: dopo un corpo a corpo con un difensore fortissimo, riuscì ad andare via e segnò. Aveva una prepotenza fisica già a 17 anni». Si poteva intuire all'epoca che sarebbe arrivato così in alto? «Non avrei pensato che arrivasse a tanto, ma che facesse il calciatore di professione ci avrei scommesso. Poi serve anche fortuna: anche Cristiani era molto bravo - ha giocato a Como, a Siena - ma ha trovato situazioni meno favorevoli. Penso che l'unico rammarico di Pavoletti possano essere i mesi al Napoli: con Sarri avrebbe potuto completarsi, ma non ha fatto benissimo. Mi dispiace un po', Sarri è un tecnico che migliora molto i calciatori». Alla domanda se Pavoletti sia il calciatore più forte che ha allenato, Brondi non sembra avere dubbi:«Ho avuto tanti calciatori arrivati al professionismo, in Serie C e in Serie B. Ma solo lui ha raggiunto la Nazionale. Leonardo è quello che ha toccato le punte più alte della carriera, e in quel ruolo è il più bravo di tutti». Prima di intraprendere il percorso da allenatore, Stefano Brondi è stato anche un calciatore, arrivando e giocando diverse stagioni in Serie B:«Ero un giocatore molto tecnico e veloce. Agivo sull'esterno, ero più un rifinitore: la parte più importante della carriera l'ho fatta da centrocampista offensivo. Ci saremmo integrati bene con Leonardo, gli avrei fatto fare qualche gol».
Benedetta Ghelli Calciopiù



In fotoGiovanissimi regionali dell'Armando Picchi 2002/2003: Pavoletti è l'ultimo in ginocchio. In piedi da sinistra: Gambino, Fioravanti, Giordano, Ceccarelli, Ponzuoli, Capenti, Milianti, Barbagli, La Bruna, Provinciani, Caneschi. Accosciati: Bitossi, Aielli, Simonti, Lunardi, Ficini, Freschi, Chimenti, Sireno, Pavoletti. Allenatori: Mario Simonti e Alessandro Ferroni



Le altre foto, tratte tutte da Calciopiù, sono:
-Classifica marcatori Allievi regionali stagione 2004/2005
-Tabellino della partita Ponsacco-Picchi di Giovanissimi regionali (stagione 2002/2003)
-Classifica finale e marcatori di Serie D della stagione 2007/2008