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    Dall'archivio di Calciopiù, c'era una volta Giampaolo Pazzini nelle giovanili dilettanti

Occhio, reti e lasagne


Un colpo di testa micidiale, il fiuto per il gol, l'occhio per riconoscere i talenti (come Crespo): Antonio Bongiorni racconta il giovane Pazzini negli anni del Margine Coperta


L'indice e il medio a indicare gli occhi, come a dire 'vedete?' sono diventati un marchio di fabbrica dopo ogni gol. E quante volte diverse migliaia di tifosi hanno gioito a vedere questo gesto. Prima punta mobile, bravo nel gioco aereo e micidiale nel colpo di testa; 115 gol in Serie A in 383 partite con le maglie di Atalanta, Fiorentina, Sampdoria, Inter, Milan e infine Verona, l'ultima sua avventura prima di dire addio al calcio giocato qualche mese fa. Lui ovviamente è Giampaolo Pazzini. La storia del Pazzo, figlio e fratello d'arte, inizia nella scuola calcio del Montecatini, prosegue poi al Margine Coperta fino al salto nei professionisti con l'Atalanta.«Conoscevo fratello e papà Pazzini, entrambi ex calciatori»racconta Antonio Bongiorni, anche lui ex calciatore, all'epoca direttore sportivo del Margine e oggi del Seravezza Pozzi ma soprattutto storico osservatore dell'Atalanta e scopritore di talenti.«Giampaolo è arrivato al Margine Coperta a undici anni, nel 1995, prima giocava nella scuola calcio del Montecatini allenato dal papà Romano. Anche se era ancora piccolo, ne parlavano già tutti. Me lo consigliò anche Dino Fedi, che l'aveva visto crescere. All'epoca ero osservatore capo dell'Atalanta, mi conoscevano tutti della zona; andai a trovarlo a casa, gli proposi di venire a giocare al Margine Coperta: lui e la famiglia furono contentissimi. Mi fu affidato così questo bambino molto sveglio e attento, che mostrava già buone qualità nonostante avesse poco più di dieci anni».
Bongiorni usa il termine 'affidare' non a caso: al di là degli impegni al Margine con gli allenamenti e le partite, Pazzini trascorreva molto tempo con Bongiorni e lo seguiva nel suo lavoro di talent-scout:
«Tutte le domeniche andavo a vedere delle partite per visionare alcuni calciatori e Giampaolo chiedeva spesso di poter venire con me: così il sabato andava a giocare con gli Esordienti e la domenica mi accompagnava a vedere una partita».
Come quella volta che lasciò il babbo a ritirare un trofeo perché volle accompagnare Bongiorni a vedere una partita:
«Eravamo a fare un torneo a Castelfiorentino, una manifestazione importante con squadre come Milan, Fiorentina e Lazio». Giampaolo si mise in mostra e fu il capocannoniere del torneo,«giocòla mattina e segnò due reti, ma doveva aspettare il pomeriggio per ritirare il trofeo. Io nel pomeriggio dovevo andare a Perugia a vedere una partita, lui volle venire con me e lasciò il babbo a ritirare il premio». La passione per il calcio era anche questo: non solo gol e partite eccellenti, ma anche voglia di vedere, di capire:«Durante il viaggiomi chiedeva sempre come funzionava la carriera di un calciatore, io cercavo di spiegargli tutto, dalle caratteristiche tecniche e morali agli aspetti logistici». E il piccolo Giampaolo aveva anche occhio:«Andammo a vedere Perugia-Parma perché il Parma due settimane dopo avrebbe dovuto giocare contro l'Atalanta. Tra l'altro fu la partita del debutto italiano di Hernan Crespo, anche se in quel match non fece vedere nulla di che. Ricordo che nel viaggio di ritorno gli chiesi 'Ti è piaciuto quel calciatore argentino?' e lui mi rispose 'Oggi non ha fatto bene, ma vedrai che questo attaccante farà tanti gol'. Ecco, da lì capii che cos'era questo ragazzo».
Ogni viaggio della domenica a vedere una partita seguiva le sue tradizioni: «Quando ci fermavamo per strada per pranzare Giampaolo mangiava sempre le lasagne, guardavamo la partita, poi al ritorno si addormentava in macchina di fianco a me. Il papà lo veniva a riprendere a Montecatini, poi io tornavo a Lucca».
Una volta Pazzini accompagnò Bongiorni al Dall'Ara a seguire Bologna-Milan. «Prima della partita ci fermammo per pranzo in un ristorante vicino allo stadio» racconta Bongiorni «Giampaolo prese le immancabili lasagne. Il proprietario del ristorante si mise a parlare con noi e disse a Giampaolo: 'Come fai a diventare calciatore se mangi sempre le lasagne?'.
A distanza di anni son tornato in quel ristorante di Bologna e parlando col proprietario ricordammo quell'episodio di diversi anni prima. Gli dissi 'Ti ricordi quel ragazzino che mangiava le lasagne? Oggi è a giocare qua allo stadio', mi guardò stupito». Era il giorno di Bologna-Milan ePazzini vestiva la maglia rossonera.
Con Bongiorni ritorniamo indietro di circa venticinque anni, alle quattro stagioni che Pazzini ha trascorso a metà anni Novanta al Margine Coperta, storica scuola calcio dell'Atalanta, oggi invece della Juventus.
«Giampaolo era un ragazzino sveglio e molto vivace, ma sempre gioviale, attento e dinamico; lavorava tanto. Ricordo che la sera, al termine degli allenamenti, si fermava a provare il colpo di testa».
Il colpo di testa è diventato poi negli anni il suo marchio di fabbrica, anche se
«a livello tecnico è difficile trovargli dei difetti: è attento sui calci da fermo, ha velocità, gran corsa e controllo. Calcia divinamente di destro ma è dotato anche di un buon sinistro; è bravo a tenere palla e a far salire la squadra negli inserimenti. Ha sempre avuto una buona fisicità e ha sempre segnato tantissimi gol, in tutti i modi. Ha fatto un'ottima carriera, ma sono convinto che se fosse nato otto-dieci anni dopo sarebbe stato uno dei dieci migliori attaccanti al mondo». Il valore tecnico è indiscutibile, la carriera e i gol parlano benissimo da soli, ma Bongiorni ne elogia anche gli aspetti morali, che non sono mai scontati: «Giampaolo ha fatto tanti sacrifici e ha sempre avuto una grande testa. Ricordo che gli facevo tanti sermoni, parlandogli di rispetto reciproco, di aiuto ai compagni: lui ha recepito tutto».
Cercando nel nostro archivio storico abbiamo ritrovato diversi articoli degli anni di Pazzini al Margine, scoprendo che spesso Giampaolo giocava nella squadra di un anno più grande: «Ha sempre anticipato la categoria di un anno, è stato allenato prima da Marco Rossi e poi da Elio Casini. Il primo gli ha dato un grande insegnamento tecnico e coordinativo, il secondo gli ha dato la spinta definitiva nella sua crescita». Tra le partite del nostro archivio c'è anche l'articolo della finale della prima edizione della Coppa Cerbai Giovanissimi B della stagione 1997/1998. «Ricordo bene quella finale a Calenzano» racconta Bongiorni «vincemmo contro il Castelfiorentino grazie a un gol di Lonetti, che tra l'altro era di un anno più piccolo». Anche Lonetti poi, come Pazzini, Guarente, Pagano - tutti scuola Margine, tutti passati sotto l'ala di Antonio Bongiorni - è entrato a far parte del settore giovanile dell'Atalanta. In alcuni tornei Pazzini fu notato dai nerazzurri di Bergamo, «Giampaolo era nel pieno dello sviluppo, aveva qualche difficoltà; ricordo che tranquillizzai Mino Favini dicendogli che doveva ancora crescere e far vedere quello che valeva. Ed è cresciuto moltissimo. Nel primo torneo con l'Atalanta ricordo che fece doppietta». Dopo la trafila nelle giovanili nerazzurre e un campionato di Serie B, Pazzini esordisce in A con l'Atalanta nel settembre 2004, poi nel gennaio 2005 passa alla Fiorentina.
Il resto è storia nota, costellata di gol e di indice e medio puntati verso gli occhi. Pazzini è rimasto comunque legato al Margine e al suo scopritore: «Ricordo che tutti gli
anni veniva alla festa di Natale del Margine e alle finali dei tornei a premiare i vincitori. E con me il rapporto è ottimo, mi è sempre riconoscente. Pensi che quando a sedici anni è andato in Brasile con la Nazionale mi chiamava; sono stato una sorta di secondo padre per lui e io l
o sento come un figlio»conclude Bongiorni.«Adesso Giampaolo abita a Forte dei Marmi, ci ho parlato anche qualche giorno fa. Ora che ha concluso la carriera da calciatore sta studiando da manager: credo proprio che farà strada anche lì». D'altra parte l'occhio l'ha sempre avuto, fin da piccolino.


Benedetta Ghelli


Foto Antonio Badalucco